Nel 1901 G. B. Curami, direttore didattico, pubblicava coi tipi Vallardi un modesto libretto dal titolo: «Il fallimento della odierna scuola elementare e secondaria, e la necessità di un nuovo piano di educazione sociale».
In esso l'Autore cerca la radice di alcuni dei mali che affliggono la società, e la trova nella scuola. Dove precisamente? Nel programmi? nei libri di testo? nella scarsa retribuzione ai maestri? Commissioni speciali ministeriali studiano la riforma dei programmi, la questione dei libri di testo, l'aumento di stipendio ai maestri... ma la scuola rimane la stessa.
Egli osserva i risultati pratici della scuola nelle officine, nelle campagne, nella vita privata, ed esclama: «Tutto è fallimento, perchè la scuola ha curato soltanto l'intelligenza e non il sentimento e la volontà».
Il Curami traccia quindi un piano della «nuova scuola » e lo raccomanda vivamente allo Stato, perchè egli crede che il fissare alla scuola il suo nuovo programma d'azione sia compito dello Stato. Tale programma s'impernia sul concetto che «il Paese aspetta dalla scuola la salute del corpo, la penetrazione dell'intelligenza, la rettitudine dell'animo dei giovani saggiamente operosi». Chiude la propria argomentazione esprimendo al Governo il suo convincimento: la riforma urge; la riforma deve venire dal Governo, e «non costerà un quattrino!»
Il Governo, se si è convinto che urga rinnovare la scuola (ed era già anzi convinto, dappoichè le istruzioni accompagnatorie ai Programmi per le scuole stese dal Gabelli e confermate dall'on. Baccelli dicono meravigliosamente tutta la dottrina pedagogica che deve animare la nuova scuola), non si è risolto a farsi iniziatore della radicale riforma, forse perchè non riuscì a convincersi che non gli sarebbe costata un quattrino!
Lo studio del Curami non porta forse un contingente nuovo in materia, poichè i «desiderata» dell'Autore non sono che la ripetizione di quanto già si legge nelle suaccennate Istruzioni ai Programmi; è però un grido che sintetizza in sè altre mille voci concordi per invocare un sostanziale rinnovamento della scuola popolare.
E' fatto riconosciuto ormai non soltanto dagli studiosi in materia, ma anche da chi giudica unicamente i risultati pratici della scuola, che essa manca al suo scopo. E se le linee della riforma intima sono tracciate dalle Istruzioni annesse ai Programmi, ha tuttavia ragione G.Nisio quando scrive: «Il rinnovamento dei metodi didattici è un lavoro lento e difficile. Bisogna dare nuovo indirizzo alla mente dei futuri insegnanti, vincere l'inerzia e le abitudini, diventate una seconda natura nei vecchi insegnanti e dissipare gli interessi formati intorno al mantenimento del metodo che si tenta di abolire»
La scuola elementare non dà certo oggi alla Nazione molti di quegli uomini che rappresentino un valore sociale: uomini robusti, amanti del lavoro, atti a dominare e a dirigere la propria volontà; che bene conoscano il loro paese, le loro necessità individuali e quelle della società di cui fanno parte, e ad esse uniformino le naturali tendenze e i necessari sacrifici.
Non dovrebbe essere lo scopo della educazione quello «di preparare l'uomo a una esistenza completa»? (Spencer). Non è, come dice Aristide Gabelli, di formare teste e uomini? E la nostra scuola d'oggi risponde a tali esigenze? Leggo a pag. 715 di un testo americano: «Les écoles de tous les degrés sont des centres d'éducation en Amérique; en Europe elles sont des établissements d'instruction». E più lontano: «L'Européen envoie ses enfants à l'école pour y apprendre quelque chose; l'Américain désire que l'école assure l'éducation intégrale physique, intellectuelle et morale de ses enfants».
Il concetto nel quale gli Americani tengono la nostra scuola ci offende, per quanto racchiuda molta verità. Le tendenze però dello spirito nostro ci portano a desiderare, a volere la scuola nuova, che assicuri l'educazione completa dei nostri fanciulli. E' vero che le scuole americane, quali ci vengono presentate da Omer Buyse ed esaltate dal De Dominicis, sono una ininterrotta scala ascendente che poggia all'Asilo infantile e culmina nell'Università; è vero che sono tutte informate al principio di attività, mentre da noi ancora non si è trovata la strada sicura nè per l'Asilo infantile, nè per la scuola primaria, e tanto meno per la secondaria; ma non è vero che la scuola europea «provi la più grossolana ignoranza della natura infantile e umana» come è scritto a pag. 719 dell' o.c.
Oggi la nostra scuola elementare si affanna a snocciolare nel minor tempo possibile il maggior numero di verità ritenute comprensibili dai ragazzi, senza tener conto che assai sommariamente della capacità fisio-psichica di essi, nè della utilità pratica delle verità considerate; ma i maestri sono da troppo poco tempo iniziati agli studi psicologici e a una seria disamina dei metodi! La Scuola Normale attende sempre la sua riforma, onde ben si spiegano le parole pronunciate dal Corio in una sua conferenza tenuta in Milano nel 1883: «Da qualche anno in qua avete proclamato che il non plus ultra dei metodi didattici è il metodo sperimentale. D'accordo! Ma fino a ieri avete mandato nelle scuole maestri istruiti con metodi a priori, e poi vi lagnate che le vostre scuole rassomiglino all'antica Babele?». Urge quindi una radicale riforma della scuola normale in questo senso, e lo si ripete da tempo; ma ogni considerazione in proposito esorbita da questo nostro studio, per cui torno alla scuola elementare.
Riguardo allo sviluppo fisico degli individui oggi la scuola non fa che raccogliere per parte dei medici scolastici pochi dati statistici all'atto dell'iscrizione dei bambini; a periodi assai lunghi gli stessi medici si recano nelle diverse scuole per avere notizie più salienti riguardanti la salute degli scolari. Del resto provvede, per il tramite dei locali patronati, con espedienti specifici e con le colonie alpine e marine al miglioramento dei soggetti più deboli. Il Comune separa dagli altri i tignosi, i granulosi, ma non ancora i tubercolotici, i quali facilmente riescono a eludere una vigilanza oggi assolutamente insufficiente.
D'altra parte la scuola fatta in ambienti chiusi, dove i ragazzi devono tenere per parecchie ore una positura che è di costrizione, considerata la loro età, con la nessuna cura data all'educazione fisica (perchè non si può accettare quale educazione fisica l'esercitazione ginnastica di due mezz'ore settimanali, fatta magari subito dopo la ricreazione, e nemmeno la preparazione a una gara o a una prova isolata e roboante in pubblico); la scuola fatta così prepara di per sè gli anemici, i nervosi, i fisicamente insufficienti.
Riguardo allo sviluppo della psiche, basta scorrere i programmi scolastici e analizzare i metodi d'insegnamento per convincersi che, se i primi devono essere modificati, i secondi vogliono essere sostituiti.
I programmi ministeriali, approvati con R. Decreto 29 gennaio 1905, illustrati ampiamente dalle Istruzioni accompagnatorie, le quali poco si scostano dalle sapienti Istruzioni tracciate già da Aristide Gabelli, non sono a parer mio tutto quel male che da molti si dice. Essi appariscono forse farraginosi; ma se si interpretano con lo spirito con cui il legislatore li ha compilati, se si tien conto dell'età degli scolari e del tempo concesso alla scuola, ci si convincerà che è opera tutta affidata alla sagacia del maestro la giusta misura e il logico coordinamento di questa e di quella disciplina. Non già il numero e la qualità delle nozioni, sibbene la ristrettezza del tempo in cui si deve svolgere il Programma è per me il difetto primo della nostra odierna organizzazione scolastica elementare.
Per quanto oggi la scuola non debba più chiudersi nella formula: «leggere, scrivere e far di conto», deve pure insegnare a leggere, a scrivere e a far di conto; ma ciò vuoi dire ben di più che dare le abilità meccaniche della lettura, della scrittura e del conteggio; ciò vuol dire soprattutto formare il pensiero dell'alunno. Le nozioni di geografia, di storia, di scienze naturali, che generalmente impressionano in un programma per scuole elementari, sono le cognizioni necessarie perchè il ragazzo, licenziato dalla scuola primaria, sappia muoversi e vivere. Il lavoro manuale, inteso come abilità della mano e come educazione al lavoro, è indispensabile a chi diventerà la forza attiva della nazione!
Che c'è di troppo, dunque, nel Programma?
Consideriamo invece il metodo d'insegnamento.
A malgrado delle sullodate Istruzioni, nelle quali fra l'altro si legge: «Noi troppo poco raccogliamo dal mondo e dalla vita, che dovrebbero essere i nostri maestri», il metodo oggi è essenzialmente formale; è quel che può essere, data la preparazione dei maestri, date le lunghe consuetudini didattiche, dati il tempo e l'ambiente assegnati alla scuola e gli insufficienti mezzi del metodo che Governo e Comuni concedono.
Dice il Ministro: «Procurate che tutto nella scuola cooperi a un fine, e la scienza non abbia niente di astratto, nulla di convenzionale, ma nasca semplice, schietta e spontanea, quasi sotto gli occhi degli alunni, i quali, a forza di essere richiamati a osservare le cose e i fatti, arriveranno alle generalizzazioni senza accorgersi e da sè medesimi. Avvezzi nella scuola in tutto a procedere così, gli alunni procederanno così anche nella vita, si educheranno a guardarsi intorno e a farsi carico dell'esperienza, e starà in questo una parte grandissima de' suoi benefici».
E qua e là sempre scrive il Ministro parlando di educazione: «I fatti penetrano nella memoria molto più a fondo delle parole». - «Non trattasi di conoscere i doveri, quanto di assuefarsi ad adempierli». A pagina 39 si tratta delle nozioni varie, per le quali più facilmente il metodo intuitivo potrebbe essere applicato, e i Programmi ministeriali dicono;: «Questi insegnamenti oltremodo dilettevoli per i ragazzi devono essere impartiti a guisa di premio».
Questa ultima frase dimostra per altro che, mentre le Istruzioni sono la descrizione precisa del metodo naturale, l'indirizzo dell'insegnamento è in fondo ancora formale, anzichè reale, anche nella mente del Legislatore.
E' poi anche evidente la contraddizione fra le raccomandazioni del Ministro e i mezzi elargiti alla scuola. Potrà lo scolaro della città conoscere bene le principali piante nostrane, come il Programma vuole, se tali conoscenze egli dovrà avere solamente da cartelloni, quando pure cartelloni ci siano? Potrà il ragazzo imparare la lingua nostra, se è chiamato in tutto un giorno a dire poche parole per rispondere a una diretta domanda del maestro sopra una sola questione? Come si avvezzerà al lavoro, se per ore e ore egli rimane inattivo nel banco ad ascoltare il maestro, che gli dice cose di nessun interesse diretto, per lui, quali, ad esempio, le notizie grammaticali, la descrizione grafica di paesi non mai visti e coi quali egli non ha alcuna relazione, oppure se deve per lungo tempo trattenere lo sbadiglio o il riso che gli suscitano le risposte strampalate o stiracchiate dei compagni? Come imparerà a educare e a dirigere la sua volontà, se la scuola oggi, tiranneggiata dal breve tempo e dal lungo cammino, non tende che a chetare le volontà individuali per coordinarle a formare una volontà unica, ossequente a quel, la del maestro?
La massa degli scolari non può riuscire così che apatica o ribelle. Perchè molti scolari oggi non si recano a scuola volentieri? Perchè con l'iniziarsi del fatto scolastico, il bambino perde i bel colori del viso? Perchè all'esame lo scolaro afflitto da scarsa memoria è spesso bocciato, e la scuola conta un gran numero di ripetenti? Perchà dopo la licenza elementare il ragazzo sa difficilmente scrivere un biglietto e non sa affatto orientarsi nel mondo? E' inutile nascondercelo: la scuola oggi non è un ambiente consono al bisogni del bambino; la mania dell'istruire copre ogni altra voce reclamante; la sola istruzione non prepara alla vita.
E basta per la riforma della scuola che il Ministro ripeta in mille toni le Istruzioni del Gabelli e del Baccelli? Basta che il maestro le conosca e sappia di doverle seguire?
Io penso che non basti. La scuola deve tener conto delle esigenze fisio-psichiche dello scolaro; deve preparare alla vita e non agli esami, pure essendo io convinta che, ove scuola ed esami fossero fatti bene, l'uomo preparato alla vita lo sarebbe anche all'esame. Io penso che una riforma urge, e sto col Sergi quando scrive che chi lotta per questa insegna, lotta per la rigenerazione umana. So per altro che l'iniziativa partirà ben difficilmente dal Governo, il quale, se convinto forse invece da una seria iniziativa privata, potrà sentirsi spinto a una completa riforma: e questa consiste, a parer mio, nel creare un ambiente nuovo alla scuola. Ma per ciò occorrono i famosi quattrini dei quali il Direttore Curami crede si possa fare a meno.
Conoscenza della psicologia infantile, individuale e collettiva; attitudine a vivere la vita del mondo piccino; mente formata alla conoscenza della natura e della vita sociale e nazionale; conoscenza del criterio di metodo nello svolgimento delle varie scienze, e grande interesse all'infanzia considerata in se stessa, nel suo continuo svolgimento e nell'avvenire a cui giungerà: ecco a mio giudizio gli elementi indispensabili alla formazione del maestro della scuola primaria veramente rinnovata.
Capitolo II
Per applicare il metodo sperimentale nell’insegnamento occorrono ambiente speciale, tempo largo e mezzi adeguati.(…) Per ambiente adatto alla nuova scuola io intendo innanzi tutto un caseggiato semplice, che si per sé, nelle sue linee architettoniche, nel suo arredo valga a dare della casa dello studio un concetto severo e sereno, valga a facilitare ogni dovere scolastico e a educare il senso estetico.(…) Ma l’ambiente, per me, non è tutto qui. La scuola nuova che deve dare sperimentalmente le nozioni geografiche e le conoscenze di vita sociale, riterrà suo ambiente le officine del fabbro, del magnano (calderaio n.d.r.), del falegname, del vetraio, del fornaciaio (artigiano che lavora in fornace n.d.r.) ;(…) L’ambiente scolastico per una scuola che vuol mettere gli scolari in contatto col mondo é…il mondo.(…)
La nuova scuola prolunga l’orario scolastico obbligatorio, il quale è – per gli scolari – dalle 9 alle 17 d’inverno e dalle 8,30 alle 17,30 in estate. (…)
Se noi conglobiamo l’azione della scuola con quella del dopo-scuola, abbiamo modo di meglio distribuire il lavoro scolastico e di svolgere il programma, pur concedendo ai piccoli studenti il lusso necessario di perdere qualche minuto di tempo. E abbiamo le ore per lo studio, le ore per l’esercitazione fisica, quelle per il lavoro e quelle per il riposo.(…)
nelle ore del pomeriggio egli attende a lavori in giardino, a lezioni di musica, a lezioni di lavoro vario, a esercizi ginnastici, a passeggiate. E che allorquando si reca a casa la sera egli ha veramente finita la sua giornata di lavoro, perché non ha da pensare né a compiti né a lezioni, si può ritenere che tale orario sia tutto a vantaggio del bambino; il quale povero o ricco, trova nella scuola il complesso delle cure necessarie al suo sviluppo completo.(…)
Ho detto che il nuovo Programma dà larga parte al lavoro. Il lavoro manuale, quale è introdotto nella Scuola Rinnovata, tede a dare agli scolari l’abilità della mano, concorre a dare idee intorno a molte cose, e per conseguenza arricchisce il vocabolario individuale; ma soprattutto inculca l’amore al lavoro e il concetto che la vita è lavoro.(…)
Il nostro Programma consacra larga parete al lavoro della terra. Il ragazzo osserva nel campo sperimentale, lavorato dalla maestra a ciò abilitata, tutte le operazioni necessarie alla preparazione del terreno, e assiste alla crescita del campionario, dirò così, delle piante nostrane. Nel terreno assegnato a ogni classe egli ripete poi le operazioni apprese e studia annualmente con qualche profondità lo sviluppo di quattro o cinque piante, scelte, s’intende, fra quelle delle famiglie più comuni. (…)
Si addestra , oltre che nella lavorazione del terreno, nel lavoro in legno, in corda, in vimini, in plastilina (…) siccome il ragazzo che lavora in questo genere di lavoro manuale riceverà la percentuale sul guadagno che si spera di avere dalla vendita de’ suoi lavori, così ne deriva un piacevole ed utile esercizio di calcolo e un sicuro concetto di quantità nel valutare le spese, il ricavo, il guadagno, la compartecipazione agli utili eventuali, le perdite subite.
Il Programma della Scuola Rinnovata introduce, cominciando dalla classe quarta, l’insegnamento della lingua francese parlata. Nessuna teoria sarà data in materia , ma saranno dati i vocaboli legati in proposizioni compiute (…)
Grande valore poi, non solo nell’educazione fisica, ma anche nel campo morale, hanno i giochi che nella scuola Rinnovata entrano in larga parte. La scuola elementare senza giochi, oltre che difettosa di un mezzo didattico efficacissimo, è a mio avviso da paragonare a un giornata senza sole (…)
Nella scuola Rinnovata la ginnastica si fa e in palestra chiusa e all’aperto a seconda dei casi. Nella palestra chiusa stanno scale, spalliere, panche, tutto l’armamentario per la elementare ginnastica medica svedese (…) All’aperto invece ci sono pertiche anelli, altalene, trapezi, per lo sviluppo dei muscoli delle braccia e delle gambe.
Le metodiche lezioni di musica (…) riassumono una quantità di elementi educativi, dirigendosi all’orecchio, alle corde vocali, al senso musicale in genere e al senso del ritmo in ispecie, e formando un capitolo importante dell’ “ educazione estetica”(…)
E la Scuola Rinnovata affida l’insegnamento musicale a un maestro di musica, in luogo di affidarlo ai maestri di scuola, i quali, se possono riuscire ad essere enciclopedici, non potranno mai riuscire artisti, se il genio dell’arte li avrà trascurati!(…)
L’educazione estetica, che forma all’estero ragione non ultima di studio in relazione ai ragazzi, da noi, terra dell’arte, è stata fin qui troppo trascurata nel campo infantile. (…)
La scuola Rinnovata ha avuto cura di preparare un ambiente artistico e di ornare le aule e i corridoi, la palestra e il refettorio con quadri scelti e aventi una certa gradazione fra loro in relazione al potere di comprensione artistica degli scolari.(..)
La scuola Rinnovata (…) ha fiori in giardino e ne tiene in classe; ed ha modo, dato il suo orario lungo e la sua ubicazione all’aperto, di assistere a tramonti meravigliosi, di provocare la considerazione attenta di foglie, d’insetti d’ogni specie.(…)
La Scuola Rinnovata ha istituite le “Feste del lavoro” che fa sei volte l’anno (…)le famiglie sono invitate a parteciparvi, e siccome si tratta ora di assistere a gare di ginnastica o a gare di giochi, ora a una festa dei fiori coltivati dai bambini, oppure alle recite di carnevale, all’albero di Natale, a lezioni di musica, a piccole esposizioni di lavori fatti durante l’anno e più avanti persino a una colazione preparata e servita dai bambini stessi, i genitori accorrono e numerosi. La maestra approfitta di tali occasioni per dire alla buona ai genitori quanto li riguarda nelle relazioni loro coi figli e con la scuola.(…)
Capitolo III Il metodo sperimentale nell’insegnamento
(…)La scuola deve creare in primo luogo quello stato piacevole e sereno della mente, che il più favorevole a un lavoro proficuo. Esso (…) non può derivare che dal metodo di apprendimento.(…)
Il metodo didattico che governa l’azione dell’insegnante ha norme generali e norme particolari per le diverse materie.
Prima norma generale, norma dirò, cardinale, del metodo, è che l’educazione deve procedere dal sensibile all’intelligibile, pur tenendo calcolo che non bisogna contare soltanto sull’osservazione, ma anche sull’intuizione dei ragazzi.
Ecco dunque che per applicare il metodo sperimentale abbisogna l’ambiente speciale di cui ho parlato in altro capitolo.(…)
(…) la mania dell’istruire copre ogni altra voce reclamante; la sola istruzione non prepara alla vita(…) la scuola deve imperniarsi sulle necessità fisio-psichiche dello scolaro; deve preparare alla vita e non agli esami(…)
Il bambino che desidera e chiede una notizia scientifica a spiegazione di ciò che vede, oppure di fatti a cui assiste, non dimenticherà poi tanto facilmente quanto ha appreso, perché egli ha avuto quella nozione proprio nel momento in cui essa lo interessava. Il metodo sperimentale esige quindi un ambiente ricchissimo di soggetti educativi.(…)
La scuola che, mentre assume il carattere familiare, assume quello di una completa, per quanto ristretta, società, offre motivi frequenti per quelle esperienze di vita che, ingrandite e moltiplicate, sono le stesse per le quali dovrà passare più tardi l’uomo.(…)
Da Giuseppina Pizzigoni La Scuola Elementare Rinnovata secondo il Metodo Sperimentale, G.B. Paravia & C., Milano s.d. presumibilmente del 1914, oggi in G. Pizzigoni, Linee fondamentali e Programmi e altri scritti (Introduzione di L. Romanini), La Scuola Editrice, Brescia, 1956