TESI DI LAUREA IN SCIENZE DELLA FORMAZIONE PRIMARIA
DI SILVIA FRANCESCHI
MILANO – UNIVERSITA’ BICOCCA - MARZO 2010
La proposta di tesi nasce come percorso di lavoro, rivolto ad una classe terza che, prendendo spunto da una delle uscite didattiche programmate durante l’anno procedesse, attraverso le metodologie della didattica attiva, verso la composizione di un progetto didattico trasversale rispetto ai singoli ambiti disciplinari.
L’idea trae origine dalla conoscenza del metodo sperimentale impostato da Giuseppina Pizzigoni, su cui si fonda il lavoro nelle classi della scuola Rinnovata di Milano: Scuola è il mondo. Maestro ogni fatto naturale e ogni uomo. Non si insegni, si esperimenti.
Base dell’apprendimento deve essere l’esperienza diretta del bambino, l’osservazione dei fatti e delle cose attraverso i sensi, sostenute dalla riflessione e dal ragionamento, in modo tale da offrire un vasto complesso di competenze e conoscenze che apparterranno realmente agli alunni. Ma non solo: il mondo stesso deve divenire ambiente scolastico e rendere disponibili infinite occasioni di apprendimento all’alunno così come le genuine esperienze dell’alunno non possono essere ridotte e circoscritte in un unico ambito disciplinare poiché portano con sé la molteplicità del reale, la sua complessità e la sua interdisciplinarità.
Con questo percorso didattico si è inteso favorire nei bambini la costruzione e l’acquisizione di modalità, strumenti, strategie di conoscenza e di riflessione che rappresentassero momenti in cui la fruizione e l’osservazione della realtà diventassero elementi essenziali nel processo di acquisizione e consolidamento dei saperi, attraverso la preparazione e la proposta di pratiche che rendessero l’uscita didattica qualcosa di più della visita a un monumento nazionale, della spiegazione di una guida all’interno di una pinacoteca, della visione più o meno passiva di una rappresentazione teatrale o cinematografica, mettendo gli studenti nelle condizioni di potersi appropriare dell’esperienza e delle conoscenze da essa derivanti agendo in prima persona nei diversi momenti in cui questa si è strutturata.
Non basta, infatti, teorizzare la necessità di un pensiero educativo che contempli la complessità dei saperi e della realtà, ma è necessario mettere in atto azioni didattiche pensate quali processi complessi in cui i singoli fattori non saranno isolabili perché interdipendenti gli uni dagli altri e riflettere sullo status e sul valore delle discipline intese come contesti di crescita culturale. È importante che la scuola dia piena legittimità all’esperienza extrascolastica e alla conoscenza spontanea, vero e proprio patrimonio di conoscenze integrate e complesse, che non solo è fondamentale per la costruzione individuale di nuovi collegamenti tra il noto e l’ignoto, ma è anche alla base della costruzione sociale degli apprendimenti, attraverso la condivisione, lo scambio e il confronto tra le interpretazioni soggettive della realtà. La scuola non si deve limitare ad accogliere, valorizzare e favorire la rievocazione di esperienze pregresse individuali, ma propone a sua volta esperienze collettive e sistematiche, fisiche e cognitive: attività di esplorazione, sperimentazione, osservazione, documentazione, che costituiscono i mediatori della successiva attività riflessiva e della costruzione sociale della conoscenza.
Sappiamo che una conoscenza assimilata in modi e tempi separati dal processo globale di apprendimento, è ben presto perduta, dimenticata se non si attiva, nel momento dell’accomodamento, una connessione con altre conoscenze dell’alunno mentre, quando l’apprendimento è veicolato da esperienze che chiamano in causa la globalità della persona, diviene più agevole connetterlo con le conoscenze possedute, esperite attraverso una pluralità di canali e codici comunicativi e, conseguentemente, ancorarlo più solidamente nell’individuo. Questo e il sorgere di interesse verso le proposte didattiche quali quelle connesse ad un’uscita è favorito nei bambini dall’avervi partecipato fisicamente oltre che mentalmente e dall’averla vissuta in prima persona insieme agli altri, aspetti che motivano gli alunni all’apprendimento esperienziale, ovvero un apprendimento non astratto ma legato a una esperienza sul campo, che parte da vissuti in cui chi apprende è direttamente a contatto col reale. Gli stimoli esterni che spingono le nostre menti verso la costruzione del senso del mondo in cui viviamo, rendono il processo di apprendimento non più riducibile solo a un atto cognitivo ma anche alla partecipazione sociale ad attività e pratiche che si svolgono in un determinato contesto.
La conoscenza, sottolineava Dewey, trae la sua sorgente originaria dall’esperienza, dalla pratica dove l’apprendere, anche inconsapevolmente, viene arricchito e amplificato attraverso l’integrazione di momenti e metodologie che possano dare al vissuto individuale e collettivo maggiore consapevolezza, rendendolo oggetto di riflessione e di esplorazione riflessiva da parte del soggetto che se ne appropria consapevolmente per comprenderne il senso.